
MA QUANTO COSTA UN INTERPRETE?
Riflessioni sul vero valore dei servizi offerti
In una torrida giornata di fine luglio non c’è niente di meglio che scrivere un articolo sul valore di un interprete (o forse sì) e il motivo che mi ha spinto a farlo è stata un’esperienza realmente vissuta un paio di settimane fa.
Telefonata di un cliente con cui collaboro da qualche tempo per un servizio di interpretariato consecutivo da remoto: si descrive il contesto, le condizioni di lavoro che cambiano un paio di volte, si definiscono i dettagli e si invia il preventivo.
Due giorni dopo ricevo la chiamata dell’ufficio acquisti dell’azienda che, dopo aver chiesto di proporre lo stesso importo della volta scorsa senza appurare prima che fosse più elevato per la maggiore lunghezza dell’evento, prosegue dicendo: “Dottoressa, tiriamo una bella riga su xxx onorario e siamo tutti contenti”.
Premesso che l’unica persona contenta in questo caso sarebbe stato il responsabile acquisti, mi è sembrato di essere al mercato del pesce: “Dai Luigi, per 30 € mi dai un filetto di branzino e due spiedini di calamari e siamo a posto così”!
Venditori ambulanti a parte, non è stato tanto il tentativo di ottenere una riduzione di tariffa a sorprendermi, quanto il modo con cui si è cercato di imporre quello che a dire dell’azienda fosse un prezzo ragionevole.
Questa vicenda mi ha fatto molto pensare e a un certo punto mi sono chiesta: “Sarà così anche per altri liberi professionisti di altri settori”?
La curiosità è stata tale da spingermi a interpellare rispettivamente tre medici con partita iva (una ginecologa, una gastroenterologa e un ortopedico), un dentista, un avvocato, un elettricista e una parrucchiera per sapere se tali episodi accadessero anche a loro o meno.
Vero, il campione preso in esame non è sufficientemente vasto da poter stabilire delle vere e proprie regole di comportamento, ma è stato comunque interessante ascoltare le loro risposte.
La ginecologa e l’ortopedico hanno dichiarato di non aver mai ricevuto simili tentativi di imposizione di tariffe; la prima ha ammesso di aver incontrato pazienti un po’ più “difficili” all’inizio della sua carriera lavorativa, quando questi cercavano di ottenere uno sconto adducendo come motivazione di non aver bisogno di ricevuta fiscale.
La gastroenterologa, una volta ascoltata la mia domanda, mi ha guardato come se le avessi chiesto di somministrarmi dell’acido muriatico e dalla sua espressione ho dedotto che no, nessun paziente aveva mai osato assumere un atteggiamento simile a quello del mio cliente.
Il dentista ha affermato che eventuali contestazioni sul prezzo insorgono se il preventivo comporta una spesa pari a diverse migliaia di euro e non per poche centinaia di euro e una risposta analoga mi è stata data dall’elettricista.
L’avvocato mi ha detto che il fatto di inviare una quotazione scritta al cliente o potenziale tale garantisce che l’offerta vada in porto senza reclami.
Infine, la parrucchiera: in questo caso, non si invia un preventivo scritto bensì si espone un listino prezzi al pubblico e da quanto mi ha riferito, in tanti anni di servizio, i suoi clienti non hanno mai mosso obiezioni al prezzo.
Ma qual è il punto di questa breve analisi?
Tentare di negoziare in maniera più o meno garbata il compenso proposto da un professionista non è inusuale né unico alla categoria degli interpreti, nonostante questo sia un evento particolarmente ricorrente nel nostro caso.
Tuttavia, credo che la vera domanda che ogni cliente dovrebbe porsi prima di mettere in discussione una cifra sia la seguente: “Cosa si nasconde dietro quel numero”?
Se si richiede un servizio di due ore o di trenta minuti, qualsiasi professionista di qualsiasi settore che si rispetti si deve un minimo preparare o studiare per garantire la più alta qualità possibile; questo richiede del tempo e le abilità o competenze possedute dal prestatore d’opera sono state spesso acquisite dopo anni di università, di formazione tecnica e/o di esperienza sul campo.
Tutto questo senza considerare anche l’aspetto economico, fondamentale per il completamento del ciclo di studi, e quello fiscale una volta che si inizia l’attività lavorativa.
Quello che sto per ribadire potrà sembrare scontato (giusto per rimanere in tema) e già letto su alcuni social, ma non possiamo focalizzarci solo su un importo numerico per decidere chi ingaggiare.
Ovviamente ognuno di noi farà le sue opportune valutazioni e avrà le sue priorità e possibilità di scelta, ma ricordiamoci una cosa: quando un servizio è professionale, di qualità e tanto io come cliente quanto i miei collaboratori ne rimaniamo soddisfatti, non è forse vero che quella che abbiamo percepito come una spesa più o meno onerosa non è stata altro che un ottimo investimento?
Alla fine sono fermamente convinta che chi più spende, meno spende.
Siete d’accordo?